IL MOMENTO DECISIVO | REPORTAGE
articolo di Girolamo Monteleone
Uno scrittore ha il tempo di riflettere prima che la parola si formi, prima di stenderla sul foglio.
Per noi (fotografi) invece ciò che scompare, scompare per sempre e questa è insieme
la nostra angoscia e l’originalità essenziale del nostro mestiere….
Henri Cartier-Bresson – Il momento decisivo
Henri Cartier-Bresson e considerato il padre del fotogiornalismo moderno, con l’obiettivo della su Leica puntato su quel “momento decisivo”.
l’occhio del secolo ha attraversato il Novecento, catturandone tutti i suoi stravolgimenti, eventi e personaggi chiave ma anche e soprattutto quei piccoli attimi di quotidianità.
La fotografia riesce a catturare con uno scatto l’istante irripetibile di un sorriso, di un’emozione, di un avvenimento storico o della vita.
Quando guardiamo una fotografia forse sottovalutiamo tutto questo. Ignoriamo quel “momento decisivo” in cui il fotografo sceglie il suo soggetto, quella frazione di secondo prima di scattare in cui la mira dell’occhio si allinea a cuore e mente.
Bresson e il momento decisivo
Del racconto di quei momenti Henri Cartier Bresson ne ha fatto una filosofia di vita, prima che stilistica.
Fu solo guardando uno scatto pubblicato nel 1931 sulla rivista Photographie, del fotogiornalista ungherese Martin Munkácsi, intitolata Tre Ragazzi al Lago Tanganica, che avvenne la conversione alla fotografia. L’immagine mostrava tre ragazzi di colore giocare tra le onde del mare. La spontaneità della composizione e la gioia di vivere che emanava la foto ebbe l’effetto dirompente nel giovane Henri.
“Improvvisamente ho capito che la fotografia può fissare l’eternità in un istante. È stato come ricevere un calcio nel sedere: forza vai!”, disse poi Cartier-Bresson a proposito di quello scatto.
Comprò così una piccola macchina Leica 35mm con lente 50mm che divenne un’estensione del suo stesso occhio. Un occhio sempre pronto a cogliere l’attimo unico e significativo di alcuni dei più grandi eventi del XX secolo in giro da un continente all’altro per realizzare quei reportage che gli daranno fama mondiale: in Spagna durante la guerra civile, a Parigi all’indomani della liberazione nel 1943, e poi ancora in India con Gandhi a poche ore dal suo assassinio nel 1948, in Cina l’anno dopo quando i comunisti presero il potere.
In quegli stessi anni Bresson fonda insieme agli amici Robert Capa, David Seymour, William Vandivert e George Rodge la Magnum Photos, oggi una delle più importanti agenzie fotografiche al mondo.
All’attività di fotoreporter affianca negli anni ’60 quella di ritrattista, immortalando i volti più celebri del secolo: da Martin Luther King a Coco Chanel e Marylin Monroe.
Il momento decisivo è: “Osservare lì dove gli altri sanno solo vedere”.
La fotografia di Cartier-Bresson osserva la realtà quasi spiandola dal buco della serratura.
Senza essere invadente, resta ai margini per catturare il flusso della vita che si muove davanti ai suoi occhi.
Henri Cartier-Bresson getta il suo sguardo sulle piccole cose.
Cartier-Bresson scopriva la straordinaria capacità del fotoreporter di osservare la realtà in quelle sfumature e quei dettagli solo apparentemente banali: “Nella fotografia le cose più piccole possono diventare un grande soggetto”.
Lontano dai campi da guerra e dagli eventi altisonanti della storia, Cartier-Bresson fissa nei suoi scatti la normalità dell’uomo.
Non c’è la sfrenata ricerca della perfezione tecnica nei suoi scatti. La sua cifra stilistica è la spontaneità dell’istante.
Il cogliere la vita di sorpresa da dietro un mirino, nell’attimo decisivo in cui tutti gli elementi compositivi (persone, luce, dettagli) si trovano in un equilibrio perfetto.
Non servono cento scatti, ne basta uno soltanto in grado di cogliere questo “momento decisivo” in cui la realtà si dispiega davanti ai nostri occhi nella forma ideale per realizzare una grande foto.